I pensionati rappresentano una parte molto importante della nostra società. La crisi sociale in atto in Italia, infatti, ha contribuito a renderli un vero e proprio ammortizzatore sociale. In un Paese ove il sistema degli ammortizzatori sociali è assolutamente incompleto, per usare un eufemismo.
Le pensioni degli anziani, infatti, vanno molto spesso ad aiutare figli e nipoti che si ritrovano in una spirale di difficoltà. Magari perché manca il lavoro o perché pur essendoci, le retribuzioni sono troppo basse per poter gestire un bilancio familiare rassicurante.
I pensionati, però, rappresentano anche un settore privilegiato nel rapporto con il settore creditizio. Proprio la presenza di un emolumento mensile fisso consegna loro una caratteristica importantissima, ovvero la capacità reddituale. Considerata obbligatoria da banche e finanziarie per poter accogliere la richiesta di un prestito.
I prestiti ai pensionati con la cessione del quinto
Come è noto, la cessione del quinto è la formula ormai predominante in Italia. Un ruolo assunto proprio grazie al fatto che è la più gradita dalle aziende operanti nel settore creditizio. Un feeling che si spiega con l’assoluta sicurezza da parte degli enti eroganti in ordine al rientro del proprio prestito.
Il piano di rientro del debito, infatti, consiste in una ritenuta mensile operata dal datore di lavoro sullo stipendio o sulla pensione. Un automatismo il quale mette al riparo il prestatore da qualsiasi tentativo del debitore di sottrarsi al suo obbligo, stabilito in via contrattuale.
A questo primo vantaggio, il quinto di stipendio ne va a sommare un altro. Consistente nel fatto che proprio questa soluzione è una delle più care in assoluto per il beneficiario del prestito. Per effetto di tassi di interesse molto alti, più di quelli che sono applicati ad esempio su un prestito personale. E di una serie di costi accessori, i quali vanno ad appesantire in maniera notevolissima il conto finale.
Il problema dei costi accessori
Il problema dei costi accessori è ormai da tempo sotto la lente d’ingrandimento dell’opinione pubblica. Per capire meglio la sua rilevanza, basta ricordare come già una ricerca del 2012, realizzata da Corriere Economia per Rcs, aveva evidenziato che, prendendo sette grandi istituti di credito italiani, per un prestito di 15 mila euro da restituire in 72 rate, il piano di ammortamento prevedeva la restituzione di oltre 5 mila euro in più. Un peso derivante dal raddoppio delle spese per l’accensione del contratto per il credito.
Ecco perché quando si va a chiedere un prestito di questo genere, la prima cosa cui occorre guardare è il TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale). Il quale va a calcolare l’incidenza di tutti i costi connessi al prestito, compresi appunto quelli accessori.
Cosa che non fa il TAN (Tasso Annuo Nominale), che in pratica calcola nel computo soltanto il tasso di interesse deciso a livello contrattuale. Rivelandosi alla fine un semplice specchetto per le allodole. Tanto da essere messo in rilievo dalle finanziarie più del TAEG, proprio per cercare di occultare al cliente il vero peso dell’operazione.
Prestiti pensionati a Verona: a chi rivolgersi
Chi intenda chiedere un prestito per pensionati a Verona, ha a sua disposizione due strade:
- rivolgersi all’INPS, che ormai dal 2011 esercita la funzione creditizia prima spettante all’INPDAP, ente soppresso in quell’anno con l’approvazione del decreto Salva Italia da parte del governo presieduto da Mario Monti;
- cercare una finanziaria la quale abbia provveduto a stipulare una convenzione con l’ente di previdenza per poter offrire prestiti a suo nome. Una soluzione che è però meno conveniente rispetto alla prima, in quanto le aziende in questione vanno a caricare sul piano di rientro la provvigione ad esse spettante per il servizio reso, oltre appunto ai famigerati costi accessori.